Fuori Corso è un distillato di insensatezza generazionale, che rende bene l’idea – più con i versi che con la musica – di quanto ci si senta inutili ad essere nati tra l”85 il ’95.
La canzone è gradevole, scivola come un telo tra le dita, lasciando una sensazione malinconica e in linea con questi tempi oscuri. L’inadeguatezza è il filo comune di questo pezzo che inizia più ispirato di come finisce. La prima strofa infatti ammalia e conquista. Il ritornello è più parsimonioso, quasi a non voler rispettare la promessa fatta nei primi secondi.
L’arrangiamento musicale ricorda alcune atmosfere di Contessa, senza mai però assumerne il carattere electro-pop e distanti dai riff e motivetti allegri. L’ambient rimane vittimista, autoflagellante, senza possibilità di assoluzione. Rimane comunque in ombra rispetto alla complessità delle parole. Forse qualcosa di strumentalmente più elaborato si poteva fare.
Le liriche sono avvolgenti, sofferenti, malinconiche. Un testo prezioso, con una linea melodica sobria al limite del minimalista. Nota di merito al verso “e mentre questa parte del mondo è in silenzio, l’altra fa festa”. Un pugno in faccia per l’inizio del lockdown. Un salvezza catartica per chi soffre di Sunday Blue.